I RACCONTI

contest letterario

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  1. tata ogg
     
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    porco mondo disco!

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    eccoci

    il tema dei racconti poteva essere:

    1. io ve l'avevo detto;
    2. la grande profezia (maya) di estiquatzee;
    3. la canottiera;
    4. il sedano rapa

    inizialmente la proposta era per racconti umoristici, ma il requisito per colpa mia è andato perso nel post importantizzato, quindi i racconti sono in tema, ma non necessariamente umoristici ;)

    ne posto uno alla volta, perchè per ognuno ho bisogno di tempo per sistemare la formattazione che si perde nel copia incolla dai word processor

    buon divertimento!

    fatemi aggiungere! l'editing è praticamente inesistente, erano già scritti tutti alla perfezione e sono tutti bellllissssimi ;)
    e ancora: mi scuso se con il copiaincolla non sono riuscita a mantenere i formati desiderati. con questo editor non è semplicissimo

    VOTAZIONI: date CINQUE preferenze in ordine di gradimento (decrescente)


    1

    IO VE L’AVEVO DETTO

    E’ con una certa inquietudine che mi accingo a redigere la relazione che sarà presentata al Consiglio Intergalattico sull’ “Esperimento Sole-3”: cercherò di mantenere la massima obiettività possibile, per quanto sia possibile ad un ricercatore, e spero che i lettori perdoneranno eventuali digressioni o commenti ritenuti inopportuni.

    L’esperimento si è svolto secondo il protocollo: è stato allestito un ambiente assolutamente a prova di intercettazioni da parte degli abitanti del pianeta in studio, ma, nello stesso tempo, del tutto simile, nell’aspetto, ad una comune sala congressi di Sole-3.

    Sono orgoglioso di assicurare che la raccolta del materiale si è svolta in maniera del tutto impeccabile: nessuno dei “terrestri” (così si autodefiniscono, dal nome che hanno dato a Sole-3, Terra, appunto) si è mai reso conto di essere oggetto di studio da parte nostra. Del resto, non è certo la prima volta che una civiltà viene studiata per valutare la compatibilità della sua evoluzione con l’adesione alla Federazione Intergalattica.

    Tuttavia ammetto che ci siamo trovati, in questa occasione, di fronte ad anomalie davvero singolari e degne di attenzione, che peraltro, immodestamente, posso dire di aver anticipato una per una in fase di studio della storia di Sole-3.

    Ma sto divagando. Come ben sapete, da protocollo, vengono studiati i governanti del pianeta, scelti in base al principio dei “migliori”. Anche se temo, in questo caso specifico, la definizione non sia del tutto appropriata. A questo fine, secondo la consuetudine del Consiglio, viene provocata una crisi di rilevanza planetaria tale da dover essere affrontata e risolta tramite la cooperazione di tutti coloro che detengono il potere: in tutte le galassie che fanno parte della Federazione, l’assioma “tanto più una civiltà è evoluta, tanto meglio e in minor tempo la crisi viene risolta” non è mai stato smentito. E, in verità, non è lo stato nemmeno questa volta.

    Mi rendo conto che non riesco mantenere il filo, ma, come ho detto, mi trovo per la prima volta in una situazione davvero singolare.

    Veniamo ai fatti. Difficile non dare giudizi, ma il comportamento degli abitanti di Sole-3 è stato quantomeno bizzarro: di fronte alla minaccia di collisione con un meteorite (questo è stato scelto come evento scatenante della crisi) la prima reazione della maggior parte dei governanti è stata di accusarsi reciprocamente di aver costruito qualche (cito testualmente) “nuova diavoleria per avere la supremazia nell’atmosfera”. Come questa pretesa arma potesse essere un meteorite, considerato il livello di tecnologia raggiunto dai terrestri, non è dato sapere. Vi è da dire, tuttavia, che in qualunque altra civiltà sinora da me studiata (e posso dire con un certo orgoglio che non sono poche), anche quelle più arretrate e senza un governo planetario centrale, il livello di tecnologia raggiunto da ciascuno degli stati o regioni o governatorati o comunque si chiamassero i governi locali era conosciuto, naturalmente, a tutti. Pare che su Sole-3, invece, i governi locali facciano a gara a tenere nascoste le informazioni. Ma questo, alla fine, rientra nella filosofia di quella che ho definito la “spasmodica ricerca del potere” che sembra essere il movente principale dell’agire di ogni abitante del pianeta Terra.

    Chiedo scusa, ho divagato nuovamente dalla mera descrizione dei fatti.

    Dicevo, dopo le prime reciproche accuse (e sdegnate reciproche smentite), mi aspettavo, finalmente, una azione comune, o almeno delle proposte concrete per affrontare la minaccia che incombeva sul pianeta. A questo punto, non ci crederete, è iniziato un balletto di trattative su chi avrebbe dovuto guidare l’azione. In sostanza, un meteorite di dimensioni più che ragguardevoli si trovava in rotta di collisione con il pianeta e il problema principale era stabilire, di nuovo, di chi dovesse essere l’egemonia (e assumersi il merito di aver salvato la Terra). Posso assicurare che ad un certo punto ho creduto che in qualche modo avessero capito o intuito di essere sotto osservazione e si comportassero in questo modo per confondere gli osservatori. Mi sbagliavo. Dopo giorni (terrestri) di discussioni molto accese e in toni che in una seduta del consiglio Intergalattico fortunatamente non sarebbero tollerate nemmeno per due minuti (galattici), seppur di malavoglia, i capi di stato hanno raggiunto un accordo di massima i cui termini, posso giurarlo sulle anime di tutti gli antenati, non sono in grado di riportare, per l’estrema nebulosità, per non dire totale inconsistenza, dei contenuti.

    Nel frattempo, naturalmente, il problema principale non era stato neppure sfiorato. Per fortuna (loro) si trattava semplicemente di una simulazione, perché in caso contrario, la distruzione del pianeta sarebbe stata ineluttabile. E, devo confessarlo, non sono affatto sicuro che questo sarebbe un danno irreparabile per il sistema intergalattico.

    Comunque. Stabilito chi avrebbe avuto l’onore e l’onere di essere a capo del consesso delle menti più illuminate del pianeta (non oso immaginare, se queste sono le menti illuminate, come siano le menti terrestri non-illuminate), si è passati alla discussione su come affrontare il meteorite.

    Di nuovo, sono rimasto sbalordito: il primo argomento all’ordine del giorno è stato “come salvare i capi di stato”. Su questo punto, stranamente, non ci sono state discussioni di sorta. I loro scienziati hanno previsto e calcolato (devo ammettere, con una certa precisione) punto e modalità di impatto del meteorite e conseguenze sull’ecosistema del pianeta. E’ stata, pertanto, facilmente individuata l’area di Sole-3 più sicura, nella quale è stata immediatamente intrapresa la costruzione di un bunker sotterraneo dotato di tutti i comfort e fornito di scorte alimentari ed energetiche sufficienti per mantenere un centinaio di terrestri per anni e anni.

    Finalmente è stata presa in considerazione la possibilità di trovare una soluzione tale da evitare l’impatto o ridurne le conseguenze. Sapevamo, tramite gli anni di studio e di osservazione, che almeno una delle loro “superpotenze”, secondo la definizione terrestre, ha messo a punto una tecnologia in grado di deviare un meteorite come quello che avevamo deciso di utilizzare per la simulazione. Naturalmente ci si attendeva che la mettesse a disposizione del pianeta, in un momento tanto critico. Mai aspettativa è stata più vana.

    Sono state proposte le soluzioni più disparate (alcune assolutamente ridicole, alcune piuttosto geniali) ma nessuna di esse concretamente attuabile, allo stato della tecnologia di Sole-3, tranne quella, appunto, di cui eravamo a conoscenza ma alla quale non è stato fatto neppure un cenno vago.

    Immagino che, a questo punto, abbiate intuito la conclusione della riunione: due settimane terrestri (che corrispondo all’incirca ad una mezza giornata intergalattica) sono trascorse, senza che alcuna soluzione sia stata trovata.

    Rimaneva da decidere se e in quali termini informare il resto della popolazione dell’imminente catastrofe. Ancora un volta i governanti di Sole-3 sono riusciti a stupirmi: su questo argomento si sono trovati sostanzialmente d’accordo. La notizia avrebbe creato il panico senza comunque alcuna possibilità di salvezza (tranne per loro stessi, naturalmente). Quindi la decisione unanime è stata quella di non divulgare in alcun modo l’informazione: un intero pianeta sarebbe andato incontro alla propria fine in modo del tutto inconsapevole.

    L’assemblea è stata pertanto sciolta in gran fretta, non senza grandi manifestazioni di rammarico per il triste destino che la razza umana si accingeva ad affrontare e con il lodevole impegno da parte degli autoeletti salvatori (salvati sarebbe più corretto) di ripopolare la Nuova Terra non appena possibile.

    Naturalmente non è mio compito, in qualità di ricercatore, formulare conclusioni politiche né tantomeno suggerire iniziative nei confronti di Sole-3.

    Mi permetto, tuttavia, di concludere con alcune osservazioni: come ho già avuto modo di sottolineare, l’esperimento finale su Sole-3, come sempre avviene in questi casi, è stato preceduto da un lungo periodo di studio della storia del pianeta. Per questo motivo non avrei dovuto essere colto impreparato di fronte alla reazione manifestata di fronte al pericolo. Mi aspettavo tuttavia che la solidarietà avrebbe prevalso, di fronte alla possibilità di vedere il proprio pianeta distrutto e la propria razza quasi estinta. Questo è sempre successo, in tutte le civiltà che abbiamo studiato finora: talvolta non è stata una soluzione immediata ma la conclusione del processo è sempre andata nella direzione di salvare più individui possibili o perire tutti insieme. Naturalmente nessuna distruzione reale si è mai resa necessaria e la maggior parte dei pianeti sinora studiati sono stati gradualmente annessi alla Federazione.

    E’ pur vero, peraltro, che stiamo parlando di un pianeta in cui gli stessi abitanti effettuano esperimenti nucleari sulla superficie del pianeta stesso, utilizzano fonti energetiche fortemente inquinanti che stanno minacciando la loro stessa sopravvivenza, distruggono sistematicamente le aree verdi, provocano l’estinzione di altre razze considerandole inferiori, sono perennemente in stato di guerra, un pianeta in cui le ricchezze sono concentrate nelle mani di una piccolissima parte di popolazione, in cui, come ho accennato, la filosofia dominante è quella della ricerca di potere, in cui la violenza è uno stato normale e non una rara eccezione.

    Purtroppo non sono in grado di affermare con certezza se il campione di terrestri che abbiamo studiato rispecchi effettivamente la natura umana. Ma se esiste anche la minima possibilità che questa sia la realtà e che un giorno non troppo lontano i terrestri siano in grado di effettuare viaggi intergalattici, credo che sia opportuno valutare di condurre, per la prima volta nella storia della Federazione, l’esperimento sino alla sua naturale conclusione.

    Non vorrei mai, un giorno, dover dire: “Io ve l’avevo detto”.


    2

    IL MISTERO DEL SEDANO RAPA

    Quando quel pomeriggio Luciano B. rientrò dal lavoro sua moglie non era in casa. C'era invece, in bella mostra sul tavolo della cucina, un'abbondante spesa di frutta e verdura, in mezzo alla quale troneggiava un vegetale mai visto.
    Bitorzoluto, grosso più o meno come un piccolo melone, di un colore indistinto tra il verdastro e il marrone sporco, il misterioso ortaggio aveva un aspetto poco invitante. Luciano B. immaginò sua moglie intenta a rimestarlo in qualcuna di quelle sbobbe vietnamite o messicane che era solita propinargli, considerò la possibilità di farsi portare una pizza a domicilio, si sfilò le scarpe e andò a spaparanzarsi davanti alla TV.
    La sera, mentre la moglie affettava dei pomodori -l'ortaggio, ancora intero, stava in un cestino insieme alle patate e alle cipolle- le chiese: “Ivana, dì un po'. Che è quel coso?” “Quale coso?” “Quello lì.”.
    La moglie alzò gli occhi dal tagliere e lo squadrò con la sua solita aria di sufficienza. “E cosa vuoi che sia? E' un sedano rapa.” “E che cazzo è un sedano rapa?” “Una verdura. Come dice il nome, una via di mezzo tra un sedano e una rapa.” “Non sembra un granché, a vederlo così. Di cosa sa?”. La moglie sbuffò. “Di sedano rapa, ovviamente.” “E come si cucina, quella roba?” “Crudo, cotto, come si vuole. Ma non andare in ansia, non sei obbligato a mangiarlo”. “Oh, non c'è pericolo” sogghignò Luciano B., e la questione fu chiusa.
    Il giorno dopo era sabato, e Luciano B. si prese una giornata di riposo. Uscita la moglie per un giro di shopping con le amiche, si infilò una maglietta e un paio di calzoncini e andò a correre nel parco. Tornando a casa comprò il giornale, e prima di immergersi nella lettura passò in cucina a farsi un caffè.
    Mentre avvitava la caffettiera gli cadde l'occhio sul sedano rapa, e si fermò perplesso ad osservarlo. Possibile che fosse cresciuto?
    Eppure sì, sembrava davvero più grande del giorno prima. Si avvicinò, lo prese in mano e gli parve insolitamente pesante, per una verdura di quelle dimensioni. Però che ne sapeva, lui, di sedani rapa?
    Più tardi, mentre pranzavano, chiese alla moglie: “Di' un po', ma crescono i sedani rapa?” “Beh, suppongo che non si materializzino sottoterra già grandi così.” “Ma no! Intendo dopo che sono stati colti!”. Lei lo guardò interdetta. “Ma sei scemo?” “No, perchè a me sembra...ehm...più grosso di ieri”. Ivana esaminò il sedano rapa con aria pensierosa, esaminò il marito, dichiarò: “Forse sarebbe l'ora che ti mettessi gli occhiali” e si alzò da tavola per caricare la lavapiatti.
    La domenica era una splendida giornata, e Ivana andò al mare. Il marito detestava le spiagge affollate e al sole si scottava facilmente, quindi se ne rimase a casa al fresco. Dopo avere sbrigato un po' di lavoro al computer decise di concedersi una birra gelata. Mentre rovistava nel frigo alla ricerca delle lattine sbirciò e verso il sedano rapa, e di nuovo qualcosa attirò la sua attenzione.
    Il sedano rapa aveva cambiato colore.
    Luciano B. si avvicinò. Lo ricordava di una specie di marroncino verdastro... e adesso era viola. Con qualche sfumatura verde qua e là, ma indubbiamente viola. Che diavolo gli stava succedendo, a quel coso?
    A mezzogiorno mangiò un trancio di pizza scaldato al microonde, bevve un'altra birra e si rimise alla tastiera. Era intento a riordinare una serie di foto quando sentì uno strano rumore. Un rumore fastidioso, crr, crr, qualcosa di simile a un coltello, crr, crr , che scorre su un vetro.
    Si fermò: silenzio. Ma dopo qualche minuto il rumore ricominciò. Crrr, crrrr.
    Aguzzò le orecchie, cercando di capire da dove veniva lo sgradevole stridio. Beh, non c'era dubbio: veniva dalla cucina. Si alzò, andò a vedere. Silenzio.
    Tornò in soggiorno, e poco dopo il rumore riprese. Luciano B. tornò in cucina, ma di nuovo il rumore era cessato. La luce del sole filtrava dalle tendine della finestra, un moscone ronzava intorno al lampadario, il sedano rapa troneggiava immobile nel cestino. Gli parve ancora più grosso e ancora più viola ma chissà, magari col caldo questi cosi crescono sul serio, pensò. Tanto vale che ne approfitti per farmi un'altra birretta.
    Stava tracannando gli ultimi sorsi quando lo risentì di nuovo: crr, crr. Si voltò di scatto: gli era sembrato che venisse dal cestino delle verdure. “Eh no, maledetto. Non sarai mica tu!” Posò la lattina e rimase immobile, fissando il sedano rapa. Uno, due, cinque minuti. Gli parve quasi che i contorni del malefico ortaggio iniziassero a tremolare, ma di rumori neanche l'ombra.
    Alla fine, spazientito, prese una decisione. “Io questo coso lo caccio, e a Ivana le dico che è marcito” Si avvicinò e allungò la mano per prenderlo.
    Crrr, crrr, crrrretino” stridette il sedano rapa. Luciano B. fece un balzo all'indietro, il cuore che batteva all'impazzata. “Oddio l'infarto. Adesso mi viene un infarto!” Si precipitò fuori dalla cucina, chiuse la porta a chiave e si rintanò in soggiorno. Ansimando, recuperò il cellulare. Stava per chiamare la moglie quando un pensiero lo bloccò: tanto quella non ci crede. “Già lo pensa di suo che non ci sono tutto di testa, ci manca ancora che le telefoni per dirle che il coso parla e sono fritto...che se la veda lei quando torna!”
    Che non ci fosse con la testa fu esattamente quello che Ivana pensò quando lo trovò barricato in camera che farneticava di verdure stregate, con la porta della cucina chiusa a doppia mandata. “Ma sei deficiente?” sbuffò, aprendo la porta ed entrando in cucina con passo deciso. “Qui è tutto a posto. Che stronzate vai dicendo? Guardalo lì, il tuo mostro. Brr, che paura...e meno male che non ho comprato un'anguria, se no a questo punto magari ero vedova!” Poi le cadde l'occhio sulle tre lattine di birra vuote, diligentemente allineate sulla mensola vicino al lavandino -perchè Luciano B. era un uomo ordinato. “Ah, beh, adesso capisco. Facciamo che domani di birre te ne scoli una sola, eh?”
    Lui aprì la bocca per ribattere, poi la richiuse. Inutile continuare a discutere, tanto lei non gli avrebbe creduto comunque.

    A cena fu teso, silenzioso e mangiò pochissimo. La moglie lo scrutava preoccupata. Possibile che tre birre bastassero a ridurlo in quel modo? E perché continuava a sbirciare di sottecchi il sedano rapa, sobbalzando a ogni rumore? Affermava perfino che era diventato viola. Possibile che in dieci anni di matrimonio non si fosse mai accorta che lui era daltonico? Forse è il caso che lo porti da un medico, pensò.

    Quella notte neppure a letto Luciano B. riuscì a trovare pace. Faceva caldo, sudava, si rigirava tra le lenzuola con la gola secca. Alla fine si alzò, andò in bagno e bevve dal rubinetto.
    Mentre tornava a letto si rese conto che il corridoio era illuminato da un debole chiarore. La cucina! Veniva dalla cucina!
    Col cuore in tumulto, si avvicinò in punta di piedi. La porta era aperta e dall'interno si diffondeva un bagliore fosforescente. Il sedano rapa pulsava minaccioso, grande ormai come un pallone da calcio, sospeso a mezz'aria sopra il tavolo.
    E lui seppe che doveva fare qualcosa, che non poteva morire così, senza lottare.
    Afferrò lo spazzolone per i pavimenti e gridando si precipitò verso il mostro, menando colpi alla cieca
    e il sedano rapa crebbe
    e crebbe
    e ora lo sovrastava
    guardandolo con occhi infuocati
    e spalancando immense fauci bavose
    ruggiva in modo spaventevole

    mentre Luciano B. mulinava lo spazzolone all'impazzata.


    Ivana si svegliò di colpo. Un rumore di vetri infranti veniva dalla cucina. “Luciano! Oddio Luciano, che succede?” Tastò le lenzuola di fianco a sé: non c'era. Allarmata schizzò fuori dal letto, a piedi nudi si precipitò lungo il corridoio e rimase sulla soglia della cucina, pietrificata, a guardare il marito che urlando come un pazzo CREPA, BASTARDO, CREPA!!!! frantumava le stoviglie, rovesciava i mobili, polverizzava i vetri dei pensili a colpi di spazzolone, scivolando sulla frutta spiaccicata sul pavimento, tra cocci che volavano dappertutto. “Oddio Luciano....oddio! Aiuto, cosa fai?”
    Lui si girò, con gli occhi iniettati di sangue.
    “TU! TU! E' TUTTA COLPA TUA, TROIA MALEDETTA! TU L'HAI PORTATO, TU!” sbraitò, sbattendola a terra con uno spintone.
    Terrorizzata Ivana strisciò carponi fuori dalla cucina, corse a chiudersi in camera da letto, tremante chiamò il 113, si accasciò a terra singhiozzando.

    Pochi minuti dopo nella via echeggiarono le sirene della polizia e dell'ambulanza, mentre le finestre del palazzo si accendevano una ad una e facce incuriosite sbirciavano da dietro i vetri. Ci furono rumori di passi affrettati su per le scale, grida, tonfi di porte sbattute. Dopo mezz'ora le sirene si allontanarono e sulla strada ridiscese il silenzio.

    Due ore dopo la porta di casa B. si riaprì. Spettinata, con gli occhi gonfi, Ivana si trascinò stancamente in camera da letto, prese una borsa da ginnastica, c'infilò due pigiami, qualche asciugamano, le ciabatte e lo spazzolino del marito. “Poca roba” si erano raccomandati al reparto di psichiatria “e soprattutto niente rasoi né forbicine, signora”.
    Uscì e richiuse la porta. L'appartamento rimase di nuovo deserto.

    L'alba iniziava a filtrare dalle finestre, velando di una luce rosea la cucina devastata, le sedie rovesciate, cocci di piatti e bicchieri sparsi dappertutto.

    Dai vetri infranti un venticello tiepido entrava nella stanza e faceva frusciare le tendine: frrr, frrr.

    Miracolosamente illeso, nel cestino della verdura stava il sedano rapa. Bitorzoluto, verdastro, grande come un piccolo melone.

    Illeso pure lui, un moscone ronzava intorno a ciò che rimaneva del lampadario: bzzz, bzzzz.

    La scorza del sedano rapa fremette e si corrugò. Un puntino lucente apparve, poi un altro. Due occhietti rossi scintillarono soddisfatti. Ci fu un altro tremolio e otto zampette nodose, simili a quelle dei ragni, spuntarono dalla superficie rugosa.

    Il sedano rapa strisciò fuori dal cestino, frt, frt, e saltò giù dal mobile: plop!

    Si arrampicò fino alla finestra e guardò fuori. La strada, ormai illuminata dal sole, era ancora semideserta. Passò una ragazza in bicicletta, poi un furgoncino, poi un uomo che portava a passeggio il cane. Poi più nessuno.

    Si sporse dal davanzale e si lasciò cadere sul marciapiede: tump!

    Da che parte stava il mercato? Ah, sì, di là. Si avviò verso sinistra, mulinando le zampette, tik tik tik.
    In fondo alla strada accelerò, tiktiktiktik,- svoltò dietro l'angolo…

    …e di nuovo non ci fu più nessuno.

    Edited by bach67 - 31/1/2011, 13:28
     
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122 replies since 24/1/2011, 13:14   3591 views
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