quelli che vogliono cambiare scuola

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  1. paniscus
     
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    Nelle scuole come la mia, in questo periodo dell'anno scolastico, si assiste a un fenomeno molto tipico: nelle classi prime (e in misura minore anche nelle seconde) comincia lo stillicidio delle defezioni e delle sparizioni.

    Tali scelte, solitamente, arrivano in maniera abbastanza improvvisa: non è che lo studente manifesti esplicitamente i suoi dubbi sulla scelta dell'indirizzo di studi, o tantomeno che i suoi genitori vengano a parlare con gli insegnanti, esponendo questi dubbi e chiedendo consigli.

    Semplicemente, il ragazzo comincia a fare assenze per parecchi giorni di seguito, senza nessuna dichiarazione di intenzioni, e poi di punto in bianco la famiglia si ripresenta a chiedere il nulla-osta per il trasferimento (passando solo attraverso la segreteria e non comunicando nulla agli insegnanti), e la segreteria a sua volta fa una comunicazione asettica al coordinatore di classe, del tipo: "Si informa il consiglio di classe che l'alunno X, a partire dalla data Y, ha cessato di essere iscritto a questo istituto, e si prega di annotare la variazione sul registro di classe".

    In qualche caso si tratta di qualcuno che fin dall'inizio era stato poco convinto della scelta, perché realmente molto indeciso tra due scuole diverse, e che poi si è ridiretto verso l'altra che gli piaceva comunque. Ma in genere quello avviene dopo pochi giorni, nel giro delle prime due o tre settimane, e con un'ammissione esplicita fin dall'inizio.

    I casi che dico io, invece, si presentano dopo circa tre mesi di scuola, tra novembre e dicembre, in corrispondenza del primo pagellino o dei primi ricevimenti dei genitori: quando diventa chiaro che hanno cominciato a fioccare i 3 e i 4 alle verifiche, e magari anche in parecchie materie contemporaneamente, allora la reazione automatica è: "Qua non mi trovo bene, e voglio cambiare scuola".

    Spesso non c'è nemmeno una scelta precisa iniziale, su quale altra scuola li attira di più: semplicemente, cominciano a peregrinare da un istituto all'altro, chiedendo se per caso in una classe già formata c'è posto, e si iscrivono alla prima scuola che li accetta.

    In questo, ovviamente, c'è un avallo sconcertante da parte dei genitori, che non si danno neanche la pena di indagare sulle ragioni effettive di questo disagio, di venire a verificare di persona quale sia effettivamente la situazione... e si limitano ad assecondare il desiderio dei figli, di andare a cercare un'altra scuola dove, ipoteticamente, chissà, "forse si troveranno meglio".

    Il che, tradotto in termini poco diplomatici, vuol dire quasi sempre: "una scuola dove ci sia di meno da studiare, e dove si prendano facilmente voti più alti con minor fatica".

    Ma se uno va male in quasi tutte le materie, cosa si vuole che cambi, andando in un'altra scuola?????

    Voglio dire, di solito chi scappa da un istituto tecnico non è che vada in una scuola dai programmi abissalmente diversi, che so, al liceo linguistico o all'artistico: no, quasi sempre va in un altro tecnico, oppure in un professionale, in cui le materie di base del primo anno sono praticamente le stesse ovunque. Le materie professionalizzanti specialistiche, al primo anno, quasi non si vedono, bisogna rassegnarsi ovunque a fare parecchie ore di italiano, di storia, di matematica, di inglese, di scienze, e compagnia cantante. Per quale motivo uno che fugge dall'istituto agrario perché a novembre si è trovato con una sfilza impressionante di insufficienze gravi in quasi tutte le materie, dovrebbe pensare di trovarsi meglio in un tecnico industriale o in uno per geometri, dove l'impostazione iniziale è quasi identica?

    Da parecchi anni lavoro in classi del biennio inferiore, e di questo genere di fughe ne ho viste tante, sia in uscita che in entrata (ovvero, sia alunni miei che andavano via, sia gente che arrivava da noi ad anno già iniziato dopo aver abbandonato un'altra scuola). In qualche caso c'è anche l'effetto di contagio diretto, per cui se in una classe comincia ad andarsene uno, poi lo seguono in cinque o sei.

    Nella mia personalissima unilaterale esperienza, la quasi totalità di essi ha continuato ad avere gli stessi risultati anche nella nuova scuola, e si è prontamente fatta bocciare nello stesso anno del trasferimento, per poi eventualmente cambiare di nuovo.

    Non sto scherzando, c'è qualcuno che si è fatto il giro delle scuole di mezza provincia, decidendo di cambiare alla minima nuova dificoltà, con la famiglia pronta a sostenerlo, nella speranza che prima o poi comunque rimediasse un titolo di studio, uno qualsiasi, non importa come, non importa quale, e non importa a che prezzo (educativo).

    E spesso questo atteggiamento è accompagnato dalla diffusa lamentela che nella scuola precedente (eventualmente anche più di una) si era trovato male perché ha trovato un ambiente ostile, perché i professori non lo capivano, non lo mettevano a suo agio, o lo intimidivano troppo, o pretendevano troppo, o non avevano tenuto conto della sua sensibilità individuale, o argomenti del genere.

    Ora, sul serio, c'è qualcuno che capisce cosa spinga una famiglia a comportarsi a questo modo?
    Che razza di proposito educativo si pensa di portare avanti, per il futuro del figlio?

    Boh, sono sconcertata davvero...

    Lisa
     
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96 replies since 21/11/2010, 21:07   9789 views
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