quelli che vogliono cambiare scuola

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  1. Ema®
     
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    CITAZIONE (paniscus @ 21/11/2010, 23:15) 
    CITAZIONE (Ema® @ 21/11/2010, 22:56) 
    La stessa ragione che spinge le famiglie più sprovvedute e che maggiormente avrebbero bisogno di informazione e guida a non considerare assolutamente il consiglio orientativo dei docenti della media e addirittura a mentire loro sulla scelta della superiore.

    Nella mia esperienza, purtroppo, non è quasi mai calibrato sulle effettive attitudini del ragazzo per determinate materie piuttosto che altre, ma semplicemente sulla stratificazione dei risultati e dei voti: i bravi al liceo, i così-così al tecnico (un tecnico qualunque, tanto dall'agrario al commerciale sono considerati tutti uguali), e le capre al professionale (un professionale qualunque, per le stesse motivazioni di cui sopra).

    Stratificazione che oltretutto, spesso, non tiene conto "solo" dei risultati ottenuti a scuola, ma soprattutto del livello culturale e sociale della famiglia.

    Lisa

    Da noi non succede. Ma siamo pieni di insegnanti comunisti.
     
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  2. Crisettanta
     
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    CITAZIONE (Neigedu @ 22/11/2010, 12:59) 
    CITAZIONE (mary_n @ 22/11/2010, 12:16) 
    scusa. ma potresti fare un esempio di QUESTE MATERIE che si possono apprendere solo all'istituto tecnico e che uno non puo' imparare dopo lavorando???

    mary_n

    Tecnica mercantile, tecnica commerciale, tecnica bancaria (ne fanno solo un spolverata), Ragioneria (fanno solamente uno o due esami di ragioneria applicata, il corso di studi è molto più approfondito), matematica attuariale.

    Tutte cose necessarie e purtroppo posso dire di notare la notevole differenza tra chi ha queste conoscenze e chi non le ha: non le recuperano mai nemmeno lavorando anni.

    A te parrà incredibile ma è un dato di fatto reale

    Un conto è che non le si possa magari approfondire semplicemente "lavorando", e posso anche essere d'accordo, un conto è ritenere che chi ha una preparazione liceale non sia in grado di affrontare queste materie a livello universitario. Nella mia modestissima esperienza, in generale, era molto più facile per qualcuno con una maturità liceale affrontare materie mai viste prima piuttosto che per un ragionere (o un perito) affrontare, per dire, il diritto privato, anche se l'aveva già masticato alle superiori. Dopodiché, entra in gioco il fattore "predisposizione personale per una materia" che prescinde abbastanza dal tipo di scuola fatta.
    In generale concordo con il fatto che non necessariamente la frequentazione di un liceo sia sinonimio di cultura e viceversa l'aver scelto una scuola tecnica impedisca di avere interessi letterari e artistici. Credo, tuttavia, che in questo il maggior fattore di influenza sia, oltre alla curiosità personale imprescindible, l'ambiente familiare.
     
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  3. Ema®
     
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    CITAZIONE (fenny98 @ 21/11/2010, 23:32) 
    CITAZIONE (Moren@ @ 21/11/2010, 23:25) 
    mah anche io rimango perplessa sul cambiare scuola dopo due mesi. finisci l'anno e poi cambi scuola se propri questa ti fa schifo. ma come fa a farti schifo SE L'HAI SCELTA TU? santo cielo quanto manfrine al giorno d'oggi. cominciano all'asilo e non smettono fino alla maturità. è così difficile impegnarsi, cercare di recuperare quella tal materia se hai supporto genitoriale e/o scolastico? ma non è importante il valore di saper prendere un impegno e portarlo a termine, foss'anche solo il primo anno se le cose sono così insostenibili?

    Forse perché un conto è scegliere una scuola sulla base dei racconti degli altri, un altro è frequentarla!
    Con ciò, non è che io sia sostenitrice del cambio di scuola, ma se veramente ci si accorge di aver sbagliato, non vedo perché aspettare la fine dell'anno soffrendo...

    Appunto.


    CITAZIONE (mary_n @ 21/11/2010, 23:41) 
    nella famiglia che non ha mai fatto il liceo, alla prima difficolta' del figlio (se ha scelto da solo la scuola), nessuno e' in grado di dargli un sostegno di metodo e anzi magari gli dicono "ecco, cosa hai voluto fare a fare il liceo che se andavi all'istituto tecnico non avevi di questi problemi"

    ci sono ovviamente anche casi in cui ci sono successi (i miei mica avevano fatto il liceo, e ne' io ne' mia sorella abbiamo avuto il minimo problema) ma statisticamente, forse quando danno l'orientamento alle medie tengono conto anche di questo.

    mary_n

    Fin'ora ho visto firmare le schede d'iscrizione adi genitori, non dai ragazzi. E, in gran parte, le famiglie spingono verso scuole "alte", piuttosto che "basse".

    Da noi i genitori niente liceo, figli tutti laureati.
    Mio marito lo stesso: sua madre neppure sapeva parlare bene italiano: il sostegno può essere di molti tipi.
     
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  4. sonochiara
     
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    Mio marito ha frequentato un istituto tecnico, e ha iniziato subito dopo (fatto salvo l'anno e mezzo da militare) a fare il lavoro per cui si era diplomato. Non ha comunque un gran ricordo della scuola frequentata, se non di un affastellarsi di nozioni date ai ragazzi senza che fosse richiesta alcuna riflessione critica. Questo non gli ha impedito di diventare un grande lettore, soprattutto di saggistica, e di avere non pochi interessi personali, coltivati da solo in età adulta.

    Lo spartiacque sta qui, a livello di offerta culturale delle scuole i licei offrono notevolissime opportunità ai ragazzi - permettono di guadagnare anni preziosi nella crescita, insegnano a pensare, danno un senso critico e lo richiedono. Cosa che, di questi tempi, mi sembra preziosa ed imprescindibile.

    Come ho già detto, l'ultima figlia è nettamente orientata verso un liceo scientifico con due lingue - ha detto che lei vuole continuare anche il francese, e io non lo vedo come una lingua inutile, anzi. Giusto poco fa mi riferiva che praticamente tutti i maschi della sua classe vogliono fare l'istituto tecnico, però.
     
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  5. Neigedu
     
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    CITAZIONE (Crisettanta @ 22/11/2010, 13:53) 
    [Un conto è che non le si possa magari approfondire semplicemente "lavorando", e posso anche essere d'accordo, un conto è ritenere che chi ha una preparazione liceale non sia in grado di affrontare queste materie a livello universitario. Nella mia modestissima esperienza, in generale, era molto più facile per qualcuno con una maturità liceale affrontare materie mai viste prima piuttosto che per un ragionere (o un perito) affrontare, per dire, il diritto privato, anche se l'aveva già masticato alle superiori. Dopodiché, entra in gioco il fattore "predisposizione personale per una materia" che prescinde abbastanza dal tipo di scuola fatta.

    Debbo spiegarmi davvero male: intendo che non si acquisisce la conoscenza in seguito anche lavorando perché spesso si demanda ad altri e restano enormi lacune.

    Mai pensato che un liceale non sia in grado di affrontarle ma, non essendo materie di studio approfondito, restano un punto dolente.
    Ed è certamente legato alla propria naturale predisposizione, ecco perché non lego il concetto con il tipo di scuola.
    Ma come lo studio è dettato dalla predisposizione personale, così lo è la voglia di apprendere anche altro rispetto al curriculum scolastico, così lo è l'apertura mentale.

    Per esperienza diretta l'ambiente familiare ha un'infulenza meno forte di quanto ritenessi in passato: ho visto laureati con studi liceali spedire i figli ad istituti tecnici e figli di operai inseriti in un liceo.
     
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  6. alfaalfa
     
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    CITAZIONE (sonochiara @ 22/11/2010, 14:05) 
    Mio marito ha frequentato un istituto tecnico, e ha iniziato subito dopo (fatto salvo l'anno e mezzo da militare) a fare il lavoro per cui si era diplomato. Non ha comunque un gran ricordo della scuola frequentata, se non di un affastellarsi di nozioni date ai ragazzi senza che fosse richiesta alcuna riflessione critica. Questo non gli ha impedito di diventare un grande lettore, soprattutto di saggistica, e di avere non pochi interessi personali, coltivati da solo in età adulta.

    Lo spartiacque sta qui, a livello di offerta culturale delle scuole i licei offrono notevolissime opportunità ai ragazzi - permettono di guadagnare anni preziosi nella crescita, insegnano a pensare, danno un senso critico e lo richiedono. Cosa che, di questi tempi, mi sembra preziosa ed imprescindibile.

    Come ho già detto, l'ultima figlia è nettamente orientata verso un liceo scientifico con due lingue - ha detto che lei vuole continuare anche il francese, e io non lo vedo come una lingua inutile, anzi. Giusto poco fa mi riferiva che praticamente tutti i maschi della sua classe vogliono fare l'istituto tecnico, però.

    L'assunto teorico corretto è contraddetto dalla prassi, troppo dipende sia dall'ambiante familiare, sia dalle doti didattiche del docente.
    Sta storia che i "i licei insegnano a pensare" mi pare una retorica dichiarazione di intenti, la mia esperienza personale , trane alcuni isolati esempi mi ha messo in contatto con professori che insegnavano anche materie che ben si presterebbero a stimolare spirito critico, logica ed amore per "il pensiero" come un annoiato travaso di nozioni ripetute con lo stesso tono monotono con cui l'impiegato postale allo sportello ripete " avanti il prossimo "
     
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  7. paniscus
     
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    CITAZIONE (martab_ @ 22/11/2010, 12:09) 
    Lalla, è una riforma che ormai ha quasi 100 anni :D
    Direi che le differenze tra licei e scuole "tecniche" di 100 anni fa, fossero abbastanza importanti da giustifiacare in qualche modo una barriera al'università, ma evidentemente già 100 anni fa non se ne sentiva più il bisogno ;)

    Giusto per portare la mia inutile esperienza (io sono del 69) nella mia classe delle medie (18 alunni) solo io ho frequentato il liceo, 8 si sono divisi tra ragioneria e altri istituti tecnici, il resto è andato direttamente a lavorare.

    Ecco, ricordo che una cosa del genere successe anche nella mia classe. Esame di terza media nell'anno 1983. Una classe di una ventina di ragazzi, io fui l'unica a scegliere il liceo, un'altra il magistrale, quattro o cinque si diplomarono in istituti tecnici o professionali, ma per il resto più della metà non è mai arrivato a diplomarsi. Non ricordo i particolari, di lì a poco mi trasferii e ho perso di vista quasi tutti, ma di sicuro almeno quattro o cinque (ossia un quarto della classe) scelsero deliberatamente di cercare lavoro subito. Di solito erano quelli che erano già stati bocciati anche alle medie, e che avevano un anno o due più degli altri, categoria che oggi è quasi scomparsa. I restanti sette o otto scelsero di seguire un corso di formazione professionale pratico di un solo anno, oppure tentarono di iscriversi a qualche scuola superiore vera e propria ma furono bocciati al primo anno e rinunciarono subito, ricadendo nelle categorie precedenti (ossia, passando al corso breve, oppure andando subito a lavorare).

    Quindi, la convinzione di mary secondo cui non solo 25 anni fa, ma addirittura già 10 anni prima, non ci fosse quasi nessuno che smetteva per scelta dopo la scuola dell'obbligo, mi sembra quantomeno bizzarra, alla luce di quante siamo a ricordarci personalmente situazioni ben diverse... probabilmente dipende molto dalla località e dal tessuto sociale, magari non era più così nelle grandi città (dove c'era più scelta di scuole diverse e più paura di buttare allo sbaraglio un quattordicenne nel mondo dei "grandi"), ma in provincia era diffusissimo.

    E in generale non si trattava affatto di categorie sociali disastrate, o famiglie con problemi economici tanto gravi da avere necessità assoluta che il figlio quindicenne andasse a lavorare con urgenza. Magari figli di persone culturalmente molto semplici, quello sì, ma non economicamente bisognose, che avrebbero potuto tranquillamente mantenere il figlio a studiare almeno fino al diploma, e magari anche oltre. Semplicemente, 30 anni fa, di famiglie che pensavano sinceramente che la cultura non fosse importante e che studiare fosse una perdita di tempo, ce n'erano molte, moltissime.

    O meglio, ci sono ancora, ma quelle di adesso il figlio diplomato lo vogliono lo stesso, e magari lo pretendono pure con arroganza:)
     
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  8. sonochiara
     
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    CITAZIONE
    Sta storia che i "i licei insegnano a pensare" mi pare una retorica dichiarazione di intenti, la mia esperienza personale , trane alcuni isolati esempi mi ha messo in contatto con professori che insegnavano anche materie che ben si presterebbero a stimolare spirito critico, logica ed amore per "il pensiero" come un annoiato travaso di nozioni ripetute con lo stesso tono monotono con cui l'impiegato postale allo sportello ripete " avanti il prossimo "

    mi pare invece di aver citato più volte il tipo e il livello di istruzione che hanno ricevuto, dal liceo, i miei primi due figli. Educazione all'uso del senso critico compresa nella formazione a tutto campo, tra l'altro. Nel senso che le scuole lo FANNO, e l'insegnante hce si limita al nozionismo è davvero difficile incontrarlo.

    CITAZIONE (paniscus @ 22/11/2010, 14:19) 
    Quindi, la convinzione di mary secondo cui non solo 25 anni fa, ma addirittura già 10 anni prima, non ci fosse quasi nessuno che smetteva per scelta dopo la scuola dell'obbligo, mi sembra quantomeno bizzarra, alla luce di quante siamo a ricordarci personalmente situazioni ben diverse... probabilmente dipende molto dalla località e dal tessuto sociale, magari non era più così nelle grandi città (dove c'era più scelta di scuole diverse e più paura di buttare allo sbaraglio un quattordicenne nel mondo dei "grandi"), ma in provincia era diffusissimo.

    E in generale non si trattava affatto di categorie sociali disastrate, o famiglie con problemi economici tanto gravi da avere necessità assoluta che il figlio quindicenne andasse a lavorare con urgenza. Magari figli di persone culturalmente molto semplici, quello sì, ma non economicamente bisognose, che avrebbero potuto tranquillamente mantenere il figlio a studiare almeno fino al diploma, e magari anche oltre. Semplicemente, 30 anni fa, di famiglie che pensavano sinceramente che la cultura non fosse importante e che studiare fosse una perdita di tempo, ce n'erano molte, moltissime.

    Aggiungo anche il distinguo fondamentale: nel 1978, quando ho finito la terza media io, qualunque quattordicenne poteva trovare un lavoro regolare in fabbrica, per dire.
     
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    neigedu, il punto è che chi prende una laurea in economia, non dovrebbe poi andare a fare il ragioniere; ci si augura che gli venga data un'infarinatura su tutte le matere dello scibile economico, ma che poi abbia competenze in altri campi che il ragioniere non ha

    questi discorsi li ho sempre sentiti fare dai periti nei confronti degli ingegneri e, alla fine della fiera, alla base di queste accuse di incompetenza (vere solo in rari casi) c'era una bella dose di invidia/frustrazione
     
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  10. Neigedu
     
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    CITAZIONE (bach67 @ 22/11/2010, 14:21) 
    neigedu, il punto è che chi prende una laurea in economia, non dovrebbe poi andare a fare il ragioniere; ci si augura che gli venga data un'infarinatura su tutte le matere dello scibile economico, ma che poi abbia competenze in altri campi che il ragioniere non ha

    questi discorsi li ho sempre sentiti fare dai periti nei confronti degli ingegneri e, alla fine della fiera, alla base di queste accuse di incompetenza (vere solo in rari casi) c'era una bella dose di invidia/frustrazione

    Non è lo stesso discorso, perchè a fronte di nuove normative e disposizioni in materia fiscale si debbono preparare nuove scritture al fine di redigere un bilancio, analisi etc., il commercialista deve essere in grado di fare anche questo (certo non solo questo) che è una parte fondamentale del suo lavoro e non dovrebbe essere costretto a rivolgersi ai colleghi/associati che sono in grado di farlo.

    Non c'è nessunissima invidia, e di che? Del fatto che abbia difficoltà e vada da un collega a farsi dare delucidazioni?

    Di gente come questa ne ho vista e son quelli che fan più danni ai clienti che poi fuggono per cambiare commercialista
     
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    se il laureato va regolarmente dal collega a farsi spiegare la stessa cosa, porello, ha un problema che poco dipende dalla laurea

    parto dal presupposto che, dopo la prima spiegazione, non ne abbia più bisogno; non sono sicurissima che valga il contrario per materie universitarie più complesse spiegate dal laureato al ragioniere; se così fosse sarebbe addirittura banale per un diplomato in ragioneria laurearsi lavorando senza nemmeno studiare
     
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  12. Neigedu
     
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    CITAZIONE (bach67 @ 22/11/2010, 14:37) 
    se il laureato va regolarmente dal collega a farsi spiegare la stessa cosa, porello, ha un problema che poco dipende dalla laurea

    Ma succede purtroppo! E fa cascar le braccia ma poi si scusano " non ho fatto ragioneria io, tu sì"
    CITAZIONE
    parto dal presupposto che, dopo la prima spiegazione, non ne abbia più bisogno; non sono sicurissima che valga il contrario per materie universitarie più complesse spiegate dal laureato al ragioniere; se così fosse sarebbe addirittura banale per un diplomato in ragioneria laurearsi lavorando senza nemmeno studiare

    Potrebbe valere per ciò che resta sempre uguale, ma per tutto ciò che cambia ed è nuovo (e purtroppo in questo lavoro sempre di più) ti trovi arenato se non hai le basi e difficilmente trovi soluzioni.
    Ti parlo di persone che, a parità di laurea, hanno studi superiori diversi.
     
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  13. paniscus
     
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    Ah, aggiungo: mesi fa, mio marito si è trovato a tenere dei corsi di inglese per i dipendenti di una fabbrica (a rischio di cassa integrazione e quindi martellati di corsi di aggiornamento e di "riconversione") . Si trattava in massima parte di semplici operai. E' rimasto stupito nel constatare come fossero quasi tutti intorno ai 40 anni e qualcuno anche un po' meno (ossia, appunto, gente della mia età), tutti rigorosamente italiani, e quasi tutti avevano solo la terza media e avevano cominciato a lavorare intorno ai 15 anni (cioè, a metà degli anni ottanta).

    Quindi, quella categoria generazionale e sociale esiste eccome, col cavolo che 30 anni fa le superiori le facessero tutti. Certo, nella vita adulta si tende un po' a frequentare solo persone che hanno un livello culturale simile al nostro e che fanno lavori simili ai nostri, e ci si dimentica lo spaccato medio della società. Se uno ha studiato, frequenta solo persone che hanno studiato, ha sempre fatto lavori da "persona che ha studiato", dà per scontato che i suoi figli studieranno, e si relaziona solo con famiglie che pensano lo stesso... alla lunga, finisce con l'avere l'impressione che studino tutti.

    Ma non vuol dire che un campionario sociale diverso (e ben diffuso) non ci sia più.

    Lisa
     
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  14. Mcihela
     
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    mi interessa questa discussione, fra un anno mio figlio dovrà scegliere (aiuto)

    a marianna dico che io ho fatto ragioneria, in una scuola privata molto selettiva, in prima eravamo in 36 ( :wacko: ) nei primi due anni ne hanno bocciati 10 per volta, e quasi tutti non hanno ripetuto lì (vale a dire, non è che bocciassero per prendere le rette doppie)
    Alla maturità siamo arrivati in 17. Alla faccia dell'istituto tecnico di vent'anni fa.
    La verità è che se non si studia ti bocciano.

    Lisa tu insegni all'agrario?
     
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  15. paniscus
     
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    CITAZIONE (sonochiara @ 22/11/2010, 08:03) 
    Il biennio delle superiori, attualmente, è obbligo scolastico per tutti.

    La scappatoia pere chi proprio non ha voglia di studiare, ma deve farlo fino a 16 anni, sono i CFP, centri di formazione professionale organizzati dalle singole regioni. Alcuni funzionano molto bene, altri meno; tutti propongono stages di mesi nelle aziende (anche nel pubblico, abbiamo una ragazzina in segreteria a scuola che fa il tirocinio) per lungi periodi.

    Ecco, un'altra grossa differenza sociale rispetto a 20 o 30 anni fa riguarda proprio i centri di formazione professionale con corsi brevi di un anno o due: una volta era relativamente normale che quella soluzione fosse scelta direttamente, subito dopo la terza media, da parte di ragazzi che non avevano voglia di studiare ma aspiravano a prendere una qualifica spendibile subito. Invece adesso non c'è assolutamente più nessuno (a parte qualche straniero) che li prende in considerazione subito, volontariamente, come prima scelta: normalmente, chi approda al CFP ci arriva a 17-18 anni, dopo aver già finito le medie da due o tre anni, aver tentato di iscriversi in qualche istituto tecnico o professionale ed essere stato ripetutamente bocciato (e magari anche avendo fatto il giro di più scuole diverse, come si diceva all'inizio).

    Il risultato è che prende a 20 anni una qualifica che avrebbe potuto prendersi già a 16, e che contribuisce (ma questa ovviamente non è colpa del ragazzo, ma di chi manipola i dati) a gonfiare illusoriamente le statistiche che dicono che in Italia il livello medio di istruzione è aumentato perché quasi tutti hanno un diploma superiore e che quasi tutti vanno a scuola fino a circa 20 anni...

    Lisa
     
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96 replies since 21/11/2010, 21:07   9789 views
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